OPINIONS
15/08/2014
Il documentario siriano che ha vinto la menzione speciale Espérance Prize al FID – International Film Fest di Marsiglia

Corre l’anno 2013, la Siria è entrata nel terzo anno di guerra civile. Siamo a Douma, una città a nord est di Damasco, liberata dai ribelli che combattono il regime al governo, ma trasformata dai ripetuti bombardamenti in un monotono loop di echi e macerie, un deserto sotto assedio, dove sono in pochi a resistere. È qui che inizia Our Terrible Country, Siria Libano 2014, il documentario di Mohammed Ali Atassi e Ziad Homsi, presentato questo mese alla 25º edizione del FID – International Film Fest di Marsiglia. Vincitore della menzione speciale Espérance Prize, il documentario segue lo scrittore e dissidente Yassin al Haj Saleh, nel viaggio che inizia quando da Douma parte alla volta di Ar Raqqah (la sua città natale, da qualche mese caduta in mano ai fondamentalisti islamici), e che finisce con un esilio forzato in Turchia.

Homsi,fotografo e giornalista al suo primo lungometraggio, è coinvolto direttamente nei fatti narrati, ripreso mentre combatte con i ribelli e più volte intervistato, si sposta tra i due fronti della macchina da presa, tra osservazione e partecipazione. Saleh, attivista che tra il 1980 e il 1996 ha scontato sedici anni di prigione per motivi politici, agli occhi del ragazzo è un esempio da seguire, e così il documentario si trasforma in un dialogo tra allievo e maestro, via via sempre più intimo. Regista e scrittore si interrogano sul senso delle proprie azioni, come dissidenti e combattenti, e raccontano quanto sia difficile resistere giorno per giorno alla violenza del conflitto. Insieme condividono sia la preoccupazione per l’arresto dei propri familiari, due fratelli di Saleh sono stati catturati dai jihadisti dell’ISIS mentre il padre di Homsi dalla polizia governativa, che la fuga in Turchia. Un esilio sofferto da entrambi come un allontanamento dal proprio destino, quasi come un tradimento. Spiega Saleh: «È importante, per uno scrittore, vivere la situazione che racconta, cercare di capirla dall’interno. Non sono io ad essere indispensabile al mio paese, è il contrario. Sono rimasto in Siria finché ho potuto perché volevo esserci, vederla cambiare».

Our Terrible Country è un diario di viaggio redatto in prima persona, che non si esaurisce nella testimonianza di una devastazione (così terribile e totale da sconvolgere lo spettatore fin dalle prime immagini), ma che vuole avvicinarci all’animo di chi lotta per la rivoluzione, in opposizione alla dittatura di Bashar al Assad quanto all’estremismo islamico, definito da Homsi: «L’altra faccia del regime». Per una Siria libera.

Durante le riprese del film, anche la moglie di Saleh è stata arrestata, e a partire dallo scorso marzo il governo ha nuovamente intensificato i bombardamenti su Douma. La città, tra le prime roccaforti dei ribelli dell’Esercito Libero Siriano, negli ultimi mesi è passata in mano ai qaedisti del Fronte di An Nusra.

Dall’inizio della guerra civile, nel marzo 2011, le stime contano oltre 160 mila morti, tra i quali più di 8500 sono bambini, e circa 9 milioni di sfollati (fonte OSDH – Osservatorio siriano dei diritti dell’uomo, maggio 2014). La maggior parte degli esuli vive ammassata nei campi profughi di Libano, Turchia, e Iraq, o è in viaggio illegalmente attraverso il Mediterraneo e l’Europa, con la speranza di ottenere asilo e assistenza nei paesi Ue, in particolare in Svezia, che ha aperto le sue frontiere ai rifugiati.

Il 4 giugno, il dittatore Bashar al Assad ha inscenato la sua rielezione e pochi giorni fa ha prestato giuramento a Damasco per un mandato di altri sette anni, una farsa in cui il presidente ha affermato di «rispettare la Costituzione e le leggi e difendere gli interessi del popolo».

Produzione: Bidayyat Beirut

 

Original link: http://www.cinefarm.it/our-terrible-country/

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